
Il Teatro di Pella, città dell’antica Grecia, è stato rinvenuto da un giovane archeologo emiliano attraverso la tecnologia ed in particolare grazie all’uso di Google Earth
Lo scopritore del Teatro di Pella, città che ha dato i natali ad uno dei condottieri più grandi di tutti i tempi, come Alessandro Magno, si chiama Paolo Storchi, ha 33 anni e vive a Reggio Emilia. L’archeologo era già diventato famoso circa un anno fa quando partecipò al noto programma di RaiUno, l’Eredità, vincendo una somma di 10 mila euro: una parte del premio venne da lui destinata ad un progetto mirante a riscoprire un’antica città dell’Emilia Romagna, di nome Tannetum, fondata dai Galli e successivamente conquistata dai Romani
Un sito raccontato dalle fonti e cercato dai viaggiatori del Settecento
Pur dedicandosi alle sue indagini in Emilia, Storchi ha condotto in parallelo ulteriori studi, in particolare sul mondo greco e sulla famosa città di Pella nella quale nacque Alessandro Magno. Le fonti antiche riferiscono che qui esisteva un teatro nel quale il tragediografo Euripide avrebbe messo in scena l’ultima delle sue opere. A confermare l’importanza di Pella nella storia, vi sono poi i resoconti dei viaggiatori del Grand Tour nel Settecento i quali cercarono invano il sito su cui sorgeva l’edificio scenico. Secondo Storchi, il loro errore fu di considerarne sempre la collocazione nelle immediate vicinanze della reggia. Magari, a suo avviso, se questi giovani rampolli aristocratici avessero avuto a disposizione uno strumento di esplorazione come Google Earth sarebbero giunti sicuramente a conclusioni diverse e soprattutto più vicine alla verità.
Storchi e l’uso di Google Earth
Non potendo recarsi spesso in Grecia, Storchi ha dunque compiuto il suo studio topografico sul teatro di Pella ricorrendo a Google Earth. Grazie a questa utilissima applicazione, l’archeologo ha potuto individuare la mole dell’edificio scenico mediante le fotografie satellitari riguardanti l’area in cui sorgeva l’antica città, procedendo ad un confronto tra immagini scattate più recentemente ed altre invece più vecchie. La copertura vegetazionale, infatti, non essendo sempre la stessa nel corso del tempo, può offrire una maggiore o minore visibilità delle eventuali strutture nascoste.
Va sottolineato, inoltre, come lo stesso Storchi, nell’ambito del progetto di ricerca su Tannetum, avesse individuato anche qui un teatro attraverso Google Earth e l’opzione “cronologia” inerente alle foto dall’alto. Il dato, inizialmente ipotetico, è stato poi suffragato dalle ricerche sul campo, le quali, è bene ribadirlo, sono sempre necessarie per confermare ogni tesi, anche quando questa possa sembrare la più veritiera possibile. Nel caso del teatro di Pella, che doveva essere lungo circa 120 metri e profondo 80, Storchi intende procedere allo stesso modo: dopo averne individuato la possibile collocazione non sulla collina su cui insisteva la reggia ma su un’altra situata in direzione opposta, l’archeologo procederà quanto prima ad effettuare saggi esplorativi sul terreno.
L’apporto delle nuove tecnologie riconosciuto dal mondo accademico
Nel frattempo Storchi ha anche in questo caso ricevuto numerosi consensi dal mondo accademico ed il fatto che la sua ricerca sul teatro di Pella sarà pubblicata nel prossimo numero della rivista della Scuola Archeologica Italiana di Atene ne è una chiara dimostrazione. Da questa vicenda trova dunque ulteriore conferma il grande apporto che la tecnologia può dare nella conduzione di esplorazioni archeologiche. Al giorno d’oggi, oltre al notevole contributo fornito da Google Earth, gli studiosi possono avvalersi di droni, GPS e magnetometri, strumenti, questi ultimi, molto importanti per rilevare l’eventuale presenza di grossi manufatti, strutture difensive, fossati e strade. Proprio sul tema del rapporto tra archeologia preventiva e nuove tecnologie si sta svolgendo, oggi a Firenze, un convegno intitolato Cultural Heritage Reloaded, promosso dal Direttore del Laboratorio di Archeologia dei Paesaggi e Telerilevamento dell’Università di Siena, Stefano Campana.