
Lo Zeus di Olimpia, oltre a rappresentare una delle sette meraviglie del mondo antico, fu l’ultima grande fatica dello scultore greco Fidia
Il viaggio alla scoperta delle sette meraviglie del mondo antico prosegue con un’altra importantissima tappa. Nella puntata odierna della rubrica Pillole di archeologia, si parla della statua crisoelefantina dello Zeus di Olimpia, sito nel quale sorgeva un famosissimo santuario dedicato al padre degli dei del mondo greco.
Zeus di Olimpia, ultimo capolavoro fidiaco
Lo Zeus di Olimpia fu commissionato dai sacerdoti del celebre santuario panellenico, in cui si tenevano ogni quattro anni le Olimpiadi, allo scultore Fidia, intorno al 436 a.C. Negli anni precedenti a questa data, l’artista era stato designato come episkopos, cioè soprintendente, dei lavori di ricostruzione dell’Acropoli di Atene: in particolar modo, nel Partenone, che ancora oggi caratterizza il panorama dell’antica polis dell’Attica, Fidia collocò un suo grande capolavoro, la statua di Athena Parthenos, crisoelefantina, ossia fatta con oro ed avorio.
Fidia e la tecnica crisoelefantina
Sull’onda di questo grande successo ottenuto ad Atene (dove poi sarebbe stato accusato ed arrestato per essersi autoritratto nello scudo della statua della Parthenos), Fidia fu chiamato a realizzare un’altra straordinaria opera come lo Zeus di Olimpia. Per tale scultura, di proporzioni monumentali, l’artista utilizzò la medesima tecnica crisoelefentina. Al suo lavoro fu, inoltre, destinato uno specifico ambiente del santuario: un ergasterion, cioè un’officina, dal cui scavo archeologico sono emersi frammenti di avorio, ceramica, ossidiana e lamine di piombo.

La descrizione di Pausania
Lo Zeus di Olimpia, celebrato come una delle sette meraviglie dell’antichità, è andato completamente perduto. La scultura, infatti, fu derubata nel V secolo d.C. e portata a Costantinopoli: qui, fu bruciata dall’incendio che colpì la capitale dell’Impero Romano d’Oriente nel 475. Per fortuna, lo scrittore Pausania, nella Periegesi della Grecia (V, 11, 1-2), ha riportato una descrizione abbastanza dettagliata del suo aspetto: «Il dio, fatto d’oro e d’avorio, è seduto in trono. Gli sta sulla testa una corona lavorata in forma di ramoscelli d’ulivo. Nella mano destra regge una Nike, anch’essa criselefantina, con una benda e, sulla testa, una corona. Nella mano sinistra del dio è uno scettro ornato di ogni tipo di metallo, e l’uccello che sta posato sullo scettro è l’aquila. D’oro sono anche i calzari del dio e così pure il manto. Nel manto sono ricamate figurine di animali e fiori di giglio.».
Lo Zeus di Olimpia ricostruito in 3D
Negli ultimi anni, una compagnia d’assicurazioni australiana, la Budget Direct, ha portato avanti un’interessante iniziativa: ricostruire virtualmente le famose sette meraviglie del mondo antico. Per tale motivo, l’azienda si è rivolta ad uno studio di architettura di Londra (Neoman), che ha elaborato, tra le varie immagini, anche quella dello Zeus di Olimpia.
In questa riproduzione 3D, emerge anzitutto il contesto in cui l’opera era stata collocata, ossia la cella del noto tempio ellenico. Quest’ultima è stata raffigurata come un museo a cielo aperto, frequentato da alcuni turisti con zaini sulle spalle. Le dimensioni della scultura, inoltre, sono state ripresentate in maniera grosso modo fedele rispetto ai dati tramandati dalle fonti letterarie.
Poggiato su un enorme basamento rettangolare (6 x 10 m), lo Zeus di Olimpia aveva un’altezza complessiva di quasi 12 m, pari a quella del colonnato della cella, articolato su due livelli: se il padre degli dei si fosse alzato dal trono, affermò ironicamente lo scrittore Strabone, avrebbe potuto abbattere con la sua testa il tetto dell’edificio.